IL “GRANDE GIOCO”: L’EURASIA E LA STORIA DELLA GUERRA
DI MAHDI DARIUS NAZEMROAYA
Global Research
La storia della guerra
La storia spesso si ripete. Chi dimentica le lezioni della storia è, per ignoranza, destinato a ripetere gli errori del passato.
"Lo scontro delle civiltà" di Samuel P. Huntington è uno strumento ideologico camuffato usato per raggiungere obbiettivi geo-politici. Questa "nozione del conflitto" è parte di un’ampia strategia che è servita durante tutto il corso della storia a dividere, conquistare e dominare.
In base alle definizioni di Huntington, l’Eurasia è abitata da nove civiltà; la creazione di conflitti tra queste civiltà è uno strumento per controllarle e infine assorbirle nel senso spenceriano (cioè secondo la definizione del sociologo britannico Herbert Spencer) della guerra e dell’evoluzione sociale degli stati-nazione e delle società.
L’umanità sta assistendo ancora una volta a una lenta marcia verso un conflitto internazionale di vaste dimensioni come la seconda guerra mondiale, come Vladimir Putin ha ammonito il popolo russo? Oppure si usa la paura per rendere accettabili politiche economiche globali che non lo sarebbero affatto?
Se l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando, erede ai due troni d’Austria e Ungheria (l’Impero Austro-Ungarico), il 28 giugno del 1914, fu il pretesto della prima guerra mondiale, perché in Europa si parlava insistentemente di una grande guerra nel 1905?
Fu alla vigilia della prima guerra mondiale che furono apportate modifiche radicali al sistema bancario degli Stati Uniti e fu alla vigilia della seconda guerra mondiale che in Gran Bretagna furono messe in atto riforme economiche altrimenti impopolari. La guerra fa sì che misure altrimenti impopolari vengano accettate dalla popolazione oppure consente che vengano introdotte più o meno furtivamente.
I moniti di Mackinder: dividere i continentali (gli eurasiatici)
Mackinder mise in guardia gli strateghi britannici sui pericoli di un’unificazione eurasiatica:"E se il Grande Continente, l’intera Isola-Mondo [Africa e Eurasia] o gran parte di essa [per esempio la Russia, la Cina, l’Iran e l’India] dovessero in futuro diventare una sola e unica base di potere marittimo? Le altre basi insulari [per esempio la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il Giappone] non verrebbero superate nella consistenza della flotta e nella disponibilità di uomini?” [1]
Mackinder indicò alla Gran Bretagna come impedire che questa unificazione avvenisse: Londra adottò una politica di balcanizzazione, con l’obiettivo strategico di prevenire l’unificazione eurasiatica.
Inoltre Mackinder lanciava un monito in merito alle grandi popolazioni dell’Eurasia. Secondo Mackinder gli imperi duraturi erano basati sulla forza lavoro:
"Il vasto progetto saraceno [arabo] di un Dominio di Uomini sui Cammelli esteso verso nord e verso sud attraversato da un Dominio di Marinai esteso verso ovest e verso est era viziato da un fatale difetto; la sua base araba era priva della forza lavoro necessaria a farla funzionare. Ma nessuno studioso delle realtà attorno alle quali deve ruotare il pensiero strategico di qualsiasi governo aspiri al potere mondiale può permettersi di perdere di vista questo monito della Storia". [2]
Mackinder fa la stessa osservazione sugli effimeri imperi dei popoli delle steppe eurasiatiche, come i mongoli:
"Quando i cosacchi russi presidiarono le steppe, alla fine del Medio Evo, si compì una grande rivoluzione perché ai tartari, come agli arabi, era mancata la necessaria forza lavoro su cui fondare un impero duraturo, ma dietro ai cosacchi c’erano i contadini, che oggi [1905] sono diventati un popolo di centinaia di milioni di persone che abitano le fertili pianure del Mar Nero e del Mar Baltico". [3]
La popolazione è chiaramente un importante elemento geo-strategico. Secondo questo schema, la Russia, la Cina e l’India sono viste come minacce. È anche per questo che gli Stati Uniti non rinunceranno mai alle loro armi nucleari. Oltre alla superiorità militare e alle armi nucleari, come possono gli stati della NATO, generalmente meno popolosi, mantenere un equilibrio di potere con stati così altamente popolati? Andrebbe anche notato che una delle ragioni delle conquiste e dell’espansione coloniale europee fu anche il fatto che, all’epoca, i paesi europei avevano (in termini relativi) molti abitanti.
La divisione, balcanizzazione e finlandizzazione dell’Eurasia, dall’Europa Orientale e l’ex Unione Sovietica al Medio Oriente e all’India, è coerente con questi obiettivi storici delineati dalla Gran Bretagna prima della prima guerra mondiale. È uno dei motivi per cui prima del conflitto la Gran Bretagna, la Francia e l’America offrirono rifugio a vari movimenti separatisti dell’Impero Austro-Ungarico, dell’Impero Ottomano e della Russia zarista. Similmente oggi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ospitano gruppi politici d’opposizione contro Iran, Sudan, Turchia, Russia, Serbia, Cina e India. Niente è cambiato. Semplicemente oggi è Zbigniew Brzezinski a lanciare questi moniti, e non Halford Mackinder.
Imparare dalla storia: Prevenire l’Ostbewegung della Germania
Nel 1848, nella chiesa di San Paolo a Francoforte, ci fu il tentativo di creare un’unica e grande nazione europea centro-orientale dominata dalla Germania. Questo progetto cominciò a fare progressi solo mezzo secolo dopo, a causa dell’opposizione della dinastia asburgica e della rivalità tra Prussia e Austria.
La Gran Bretagna temeva il Drang nach Osten della Germania, la sua "spinta verso est", o Ostbewegung, "movimento verso est".
Per lo più questo movimento verso est, che ebbe inizio nel 1200 con l’espansione del commercio su lunghe distanze, non faceva parte delle ambizioni imperiali tedesche. [4] In ambiente britannico si temeva una qualche forma di unificazione tra le due potenze dominanti dell’Heartland eurasiatico, la Germania e la Russia. Nel ventunesimo secolo si teme l’unificazione di Russia, Cina, India e Iran.
Prima della prima guerra mondiale gli strateghi britannici ritenevano che la Germania si stesse avviando a grandi passi a diventare una superpotenza globale. Tutto ciò che le serviva era il dominio industriale sulla Russia e l’Impero Ottomano, che era a buon punto. La Germania stava già acquisendo il controllo dei mercati britannici e minacciava economicamente gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Storicamente, l’Europa Orientale si è trovata serrata tra due grandi nazioni, la Germania e la Russia. Dopo l’era napoleonica e fino alla prima guerra mondiale fu dominata dai russi e poi dai tedeschi. Storicamente, la strategia britannica mirava a indebolire la Russia zarista finché la Germania non avesse rimpiazzato la Russia come potenza dominante dell’Europa Orientale. È una delle ragioni per cui la Gran Bretagna e la Francia appoggiarono i turchi ottomani nelle loro guerre contro i russi.
L’influenza tedesca nell’Europa Orientale era assicurata grazie a un’alleanza tra ungheresi (magiari) e austriaci. L’influenza tedesca era anche cresciuta economicamente, politicamente e industrialmente nel territorio dei turchi ottomani nel Medio Oriente. Nella Russia zarista, prima della prima guerra mondiale, l’influenza tedesca era politicamente ed economicamente significativa. La capitale russa, San Pietroburgo, si trovava in un’area germanizzata del paese e molti aristocratici e nobili russi erano germanizzati e germanofoni.
Vi erano insediamenti o colonie industriali della Germania anche in Ucraina e nel Caucaso, all’interno del territorio della Russia zarista. Similmente, erano stati fondati insediamenti tedeschi a Levante, nel territorio dei turchi ottomani. L’Ostbewegung aveva più a che fare con l’economia e con una forte e compatta base industriale eurasiatica sotto il controllo della Germania che con il mito della colonizzazione tedesca di tutta l’Eurasia.
Tuttavia, i mezzi di espansione economica della Germania cambiarono circa mezzo secolo dopo con l’ascesa di Adolph Hitler, che cercò di imporre militarmente in Eurasia una forma di globalizzazione guidata dalla Germania. Stiamo assistendo a una ripetizione di quel tentativo da parte di coloro che detengono il potere a Washington e a Londra?
Una lezione della storia: in guerra mettere i russi contro i tedeschi
La competizione industriale ed economica era la questione cruciale che si celava sotto le tensioni che portarono alla prima guerra mondiale. Anche Mackinder lo afferma. Di fatto i tedeschi si stavano espandendo a est dal punto di vista economico. Si esagerò la spinta demografica della Germania verso oriente. Storicamente, prima dell’unificazione della Germania sotto il principe Otto von Bismarck, primo ministro prussiano, i tedeschi venivano spesso chiamati come mercanti e artigiani dagli stati dell’Europa Orientale, come la Boemia e l’Ungheria.
Mackinder e altri britannici vedevano tutto questo come parte di una graduale tendenza all’unificazione dell’Heartland eurasiatico sotto un unico e potente attore.
La soluzione per bloccare l’ascesa di un unico e potente attore nell’Heartland fu mettere i tedeschi contro i russi:
"Nell’Europa Orientale ci sono due elementi principali. quello teutonico [tedesco] e quello slavo, ma tra essi non è stato creato un equilibrio come tra gli elementi romanzi [neolatini] e teutonici dell’Europa Occidentale. La chiave dell’intera situazione in Europa Orientale – ed è un fatto che non può essere ora approfondito – è la pretesa tedesca di dominare sugli slavi. Vienna e Berlino, poco oltre il confine dell’Europa Occidentale, si trovano già in un territorio che fu slavo all’inizio del Medio Evo; rappresentano il primo passo della Germania fuori dal suo territorio verso est, nei panni di conquistatrice". [5]
Agli occhi della Gran Bretagna, mettere i russi e i tedeschi gli uni contro gli altri era fondamentale per impedire ai continentali di unificarsi.
Le radici del patto anglo-americano
I britannici e gli statunitensi stavano chiaramente cercando di indebolire sia la Germania sia la Russia zarista. È reso evidente dall’appoggio di Gran Bretagna e Stati Uniti al Giappone "quando essa [la Gran Bretagna] mantenne il proprio cerchio [navale] attorno alla guerra russo-giapponese", nel 1904 fino al 1905. [6]
All’epoca della guerra russo-giapponese tra Stati Uniti e Gran Bretagna si era già formata l’alleanza anglo-americana, come osserva Mackinder:
"Questi fatti accaddero circa vent’anni fa [nel 1898] con tre grandi vittorie riportate dalla flotta britannica senza sparare un solo colpo di cannone. La prima fu a Manila [nelle Filippine], nell’Oceano Pacifico, quando uno squadrone tedesco minacciò di intervenire per proteggere uno squadrone spagnolo [nella guerra ispano-americana], che fu sconfitto da uno squadrone americano, e uno squadrone britannico fu al fianco degli americani". [7]
Per citare Mackinder, "Questo fu dunque il primo passo verso la riconciliazione degli animi britannico e americano". [8] Fu anche il momento storico in cui gli Stati Uniti divennero una delle principali potenze imperialiste.
Andrebbe anche osservato che secondo alcuni storici la guerra ispano-americana si sarebbe scatenata sulla base di un falso pretesto. Il governo degli Stati Uniti dichiarò guerra incolpando gli spagnoli di aver affondato la USS Maine a Cuba: di qui la frase che fu usata per raccogliere il consenso dell’opinione pubblica americana contro gli spagnoli, "Ricordate la Maine!"
La seconda guerra mondiale: mettere i sovietici contro i tedeschi
La strategia di mettere i principali attori eurasiatici uno contro l’altro continuò nella seconda guerra mondiale. La Germania, la Francia e l’Unione Sovietica furono messe le une contro le altre proprio come era successo con la Germania, la Russia zarista e l’Impero Ottomano prima della prima guerra mondiale.
Lo dimostra il fatto che la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra solo alla Germania mentre sia la Germania che l’URSS invasero la Polonia nel 1939. I Patti di Locarno e il Piano Hoare-Laval furono usati dal governo britannico per spingere i tedeschi a est, dove si sarebbero scontrati con i sovietici, neutralizzando la Francia e permettendo alla Germania di militarizzarsi, con il governo di Neville Chamberlain che promosse l’appeasement come mossa calcolata per liquidare qualsiasi stato tra la Germania e l’Unione Sovietica e creare un confine comune russo-tedesco. [9]
Sia l’Unione Sovietica che la Germania nazista erano consapevoli della politica anglo-americana. Entrambi i paesi firmarono prima della seconda guerra mondiale un patto di non-aggressione soprattutto per rispondere all’atteggiamento anglo-americano. Alla fine l’alleanza tra URSS e Germania si disgregò per la sfiducia reciproca. Oggi il governo statunitense sta impiegando le stesse strategie con la Russia, la Cina, l’Iran, l’India e altri attori eurasiatici.
Le radici della balcanizzazione strategica: prevenire l’unificazione dell’Eurasia
Mackinder stabilì che l’Heartland eurasiatico cominciava nell’Europa Orientale e alle frontiere della Germania. Proprio l’Europa Orientale poteva fare da punto d’appoggio per entrare nell’entroterra eurasiatico.
La maggiore paura di Londra, fino alla divisione dell’Austria-Ungheria e la creazione di una zona-cuscinetto tra i tedeschi e i russi con la nascita di vari nuovi stati dopo il 1918, era l’unificazione dei tedeschi e degli slavi in un un’unica entità eurasiatica.
La politica britannica di balcanizzazione era una sinergia tra politica coloniale, politica di potere, economia e osservazione storica.
La balcanizzazione strategica probabilmente giunse a maturazione quando l’Italia e la Germania divennero stati-nazione unificati e i britannici compresero i pericoli che potevano rappresentare stati europei forti e centralizzati. Ancora una volta fu l’economia la forza dominante. Prima di allora la balcanizzazione era stata usata a fini coloniali. Dopo la formazione, o meglio unificazione, della Germania e dell’Italia, la balcanizzazione divenne anche uno strumento per neutralizzare i potenziali rivali della Gran Bretagna.
Si dice che František Palacký, lo storico ceco, abbia affermato: "Se l’Austria [intendendo l’Impero asburgico o Austro-Ungarico] non esistesse, sarebbe necessario inventarla, nell’interesse dell’umanità".
È un’affermazione importante, perché Palacký era uno slavo che difendeva l’Impero Austro-Ungarico sulla base delle sue caratteristiche multietniche. L’Impero asburgico era una sintesi regionale di tedeschi, ungheresi (magiari) e slavi. L’Impero Austro-Ungarico, come la Jugoslavia che sarebbe sorta dalle sue ceneri, era anche religiosamente composito. All’interno dei suoi confini vivevano cristiani, ebrei e musulmani, e nel 1912 l’Islam divenne religione di stato accanto alla religione cattolica. I britannici temevano che questo modello sotto la guida della potenza industriale tedesca potesse estendersi fino a comprendere Germania, Austria-Ungheria e Russia zarista, creando così una potente entità politica slavo-tedesca nell’Heartland eurasiatico. [10] La sintesi era già in atto, a comprendere anche l’Impero Ottomano, finché la prima guerra mondiale non la bloccò. Come è già stato detto, questo processo faceva parte di una fusione storica. Dal punto di vista di Londra l’Austria-Ungheria doveva essere smantellata per impedire qualsiasi processo di unificazione tra i continentali.
A tal fine furono usati e manipolati i movimenti nazionalisti separatisti. Alcuni leader cecoslovacchi, come Milan Rastislav Štefánik, combatterono per i francesi e i britannici durante la prima guerra mondiale. Andrebbe anche osservato che nel settembre del 1918 il governo degli Stati Uniti riconobbe la Cecoslovacchia prima ancora che fosse creata, e che l’Accordo di Pittsburgh, che apriva la strada alla dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico e alla creazione della Cecoslovacchia, fu firmato in Pennsylvania con l’appoggio dei governi britannico e statunitense. Furono anche formate tre legioni "cecoslovacche" che combatterono contro la Germania e l’Impero asburgico al fianco della Gran Bretagna e della Francia nella prima guerra mondiale.
Ridisegnare l’Europa Orientale e il Medio Oriente: un modello per l’Iraq
Dai tempi della prima guerra mondiale si è fatto di tutto per alimentare l’instabilità, dal Kosovo nei Balcani alla provincia di Xinjiang che costituisce la frontiera occidentale della Cina. È un fatto importante dimostrato da eventi come la divisione dell’India o quella della Jugoslavia.
La giustificazione logica per la creazione di nuovi stati nell’Europa Orientale viene anch’essa spiegata da Mackinder:
"Le nazioni polacca e boema [ceca e slovacca] non potranno godere di una sicura indipendenza a meno che non si trovino all’apice di un ampio cuneo di indipendenza che si estenda dall’Adriatico e dal Mar Nero fino al Baltico; ma sette stati indipendenti, con più di sessanta milioni di abitanti complessivi, attraversati da ferrovie che li colleghino in modo sicuro tra loro, e con un accesso all’Oceano [Atlantico] attraverso i mari Adriatico, Nero e Baltico, controbilanceranno efficacemente i tedeschi di Prussia [intendendo la Germania] e d’Austria, e niente di meno basterà a quello scopo". [11]
Benché la Boemia comprenda propriamente i cechi, in questo caso Mackinder la usa per intendere sia i cechi che gli slovacchi della Cecoslovacchia.
Nel 1914 i tedeschi si erano già assicurati una significativa avanzata nell’Impero Ottomano. Anche l’Impero Ottomano andava smantellato. Tuttavia, secondo gli strateghi britannici, erano la Russia e la Germania i due principali avversari a lungo termine. Per minare il processo di unificazione tra i tedeschi e i russi bisognava creare una zona di conflitto in Europa Orientale tra la Germania e la Russia.
Dopo la prima guerra mondiale, gli strateghi anglo-americani pianificarono che l’Unione Sovietica, sorta dalle ceneri della Russia zarista, avrebbe sostituito la Germania come principale attore eurasiatico. La creazione di una zona di conflitto attorno alla porzione occidentale dell’Unione Sovietica dal Baltico ai Balcani e al Golfo Persico divenne per i britannici un obiettivo strategico. È uno dei motivi per cui furono create così tante nazioni nell’Europa Orientale e in Medio Oriente dopo la prima guerra mondiale e ancora nell’Europa Orientale e nell’Asia Centrale dopo la guerra fredda.
Quando cominciarono a considerare la strategia globale in un’ottica olistica, gli strateghi anglo-americani adottarono il concetto di accerchiamento transcontinentale.
Il Rimland è l’idea di un’area geografica posizionata accanto o attorno all’Heartland eurasiatico. L’Europa Occidentale, l’Europa Centrale, il Medio Oriente, il subcontinente indiano, il Sud-Est asiatico e l’Estremo Oriente comprendono quest’area dall’Eurasia Occidentale a quella Orientale. Il Rimland di Nicholas Spykman contribuisce a fornire un contesto storico e obiettivo alle attuali zone di conflitto che circondano la Russia, la Cina e l’Iran a partire dai Balcani, dalle aree curde del Medio Oriente, dall’Iraq, dal Caucaso e passano per l’Afghanistan presidiato dalla NATO, il Kashmir, l’Indo-Cina, per finire nella penisola coreana. Le posizioni geografiche di queste aree la dicono lunga su quali siano i paesi o gli attori che subiscono l’attività di disturbo.
L’Iraq viene ridisegnato passo dopo passo, ma innanzitutto nel suo paesaggio politico e con un un sistema di federalismo morbido. Questa concezione olistica si sta rafforzando e i progetti di difesa missilistica in Europa e in Asia sono collegati a questo approccio, come lo è la politica del rischio calcolato di creare un’alleanza militare globale dominata dagli americani.
La tesi di Pirenne
Nel suo libro, Maometto e Carlo Magno, lo storico belga Henri Pirenne afferma che Carlo Magno e l’Impero Franco non sarebbero mai esistiti senza l’espansione araba nella regione del Mediterraneo. Henri Pirenne divenne noto per la tesi secondo la quale i barbari germanici, così come i franchi e i goti, ai quali gli storici tradizionalmente attribuivano il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, in realtà si fusero con l’Impero Romano e i modelli economici e istituzionali di Roma rimasero intatti. Pirenne sfidò l’interpretazione storica tradizionale secondo la quale i barbari germanici furono la ragione del declino di Roma.
Le basi della teoria di Pirenne sembrano giuste. Nella maggioranza dei casi i costumi e le istituzioni di Roma furono mantenuti dai regni germanici. Il fatto che i franchi, un popolo germanico, adottarono il latino (che nel tempo si trasformò nella lingua francese) o che la Chiesa romana conservò intatto il suo ruolo di importante istituzione della comunità confermerebbe le sue osservazioni e le sue tesi. Il declino di Roma fu molto probabilmente causato dalla fine di un’economia basata in gran parte sull’espansione imperiale, lo schiavismo, l’eccessiva militarizzazione e la corruzione politica. Il declino dell’economia dell’Europa occidentale non avvenne perché gli arabi non volevano continuare a commerciare con l’Occidente, ma a causa del militarismo e del decentramento che lo accompagnò di pari passo; il risultato finale essendo il feudalesimo europeo. Oggi questo processo si sta ripetendo?
Secondo Pirenne era evidente che la struttura economica dell’Impero Romano, d’Occidente e d’Oriente (Bizantino), si incentrava sull’economia e il commercio del Mediterraneo. Roma si trasformò da entità politicamente centralizzata a una rete di regni e stati politicamente separati, ma la struttura economica basata sul Mediterraneo rimase intatta.
Pirenne teorizzò che il vero declino dell’entità di Roma fu causato dalla rapida espansione degli arabi. Il Levante, l’Egitto, varie isole del Mediterraneo, parti dell’Anatolia (Asia Minore), la Spagna, il Portogallo, la Libia, la Tunisia, l’Algeria e il Marocco, che erano tutte regioni mediterranee, furono incorporate all’interno del vasto regno cosmopolita arabo. Secondo Pirenne, la ragione del declino va cercata nell’interruzione da parte degli arabi dei legami tra le economie integrate dell’Europa Occidentale e del Mediterraneo. L’Europa Occidentale di fatto degenererà in una periferia economica marginalizzata.
Un altro fattore che andrebbe aggiunto alla teoria di Pirenne sul declino economico dell’Europa Occidentale dopo la caduta di Roma fu che la Roma d’Oriente (Bisanzio) deviò i propri traffici dall’Europa Occidentale, o li ridusse, a causa delle realtà economiche derivanti dall’espansione araba nel Mediterraneo. La dissoluzione dei legami economici tra Europa Occidentale e Bisanzio fu dovuta anche alle differenze e ai conflitti tra la Chiesa cristiana d’Occidente e la Chiesa cristiana d’Oriente. C’era animosità anche tra le autorità di Costantinopoli e quelle dell’Europa Occidentale, e anch’essa influenzò i legami economici. Queste tensioni in molti casi avevano semplicemente un’origine economica.
La tesi di Pirenne afferma che l’Europa Occidentale si trasformò in una serie di economie a base rurale, cosa che diede gradualmente origine al feudalesimo, a causa dell’espansione araba. Le materie prime venivano esportate e le importazioni diminuirono, mentre prima l’Europa Occidentale aveva importato prodotti e risorse come i metalli preziosi e il papiro egiziano. Questo accadde perché l’economia dell’Europa Occidentale era tagliata fuori dal resto del mondo. I viaggi di scoperta degli europei che furono compiuti in seguito possono anch’essi essere ricondotti a questa fase, come mezzi per invertire la tendenza.
Gli eurasiatici passano all’attacco: la nuova strada della seta
Oggi in tutta l’Eurasia c’è un nuovo impulso verso l’integrazione e la cooperazione socio-politica ed economica. La Strada della Seta sta rinascendo. L’Iran, la Russia e la Cina sono le forze più importanti di questo progetto. Anche il Kazakistan ha un ruolo molto importante. Reti ferroviarie, corridoi di comunicazione, reti elettriche e varie forme di infrastrutture sono in fase di sviluppo, connessione e costruzione nell’ottica di integrare l’Eurasia.
L’Asia Centrale è destinata a diventare l’asse mediano e il fulcro di una serie di corridoi nord-sud ed ovest-est. Un triangolo strategico tra Russia, Iran e Cina delimiterà una zona di commercio eurasiatica che potrà attirare nella propria orbita l’Africa e zone d’Europa. L’America Latina ha già previsto questo cambiamento e si prepara a dirottare parte dei suoi scambi commerciali dagli Stati Uniti e dall’Europa verso quest’area.
La Cina è un centro globale della forza lavoro mentre la Russia, l’Iran e l’Asia Centrale dispongono del 15% delle riserve mondiali di petrolio e del 50% delle riserve mondiali di gas naturale. La Shanghai Cooperation Organization (SCO) conta la metà della popolazione stimata del pianeta. Queste aree dispongono inoltre di vasti e importanti mercati.
L’Eurasia si sta compattando in un’ondata di integrazione regionale e di traffici commerciali. La Russia e il Kazakistan hanno anche avanzato la proposta di formare un’Unione Eurasiatica. L’unione doganale tra Russia, Belorussia e Kazakistan è un passo verso l’Unione Eurasiatica. L’Iran ha anche proposto la formazione di una cosiddetta Unione Islamica tra le nazioni abitate da popolazioni musulmane.
Tutto ciò è di fatto una reintroduzione della tesi di Pirenne in un contesto moderno. In questa seconda fase del ciclo di Pirenne sono le economie dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti, che dipendono dal commercio, ad assumere il ruolo della periferia eurasiatica e dei regni marittimi che corrono il rischio di essere marginalizzati come lo fu la Roma d’Occidente durante l’espansione araba nel Mediterraneo. Gli eurasiatici stanno passando all’attacco; capiscono che non sono loro ad aver bisogno degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, ma che è l’esatto contrario.
Un’Unione Mediterranea e un’Unione Islamica: l’Occidente contro l’Heartland eurasiatico
Riflettendo sulla tesi di Pirenne, è anche non storicamente ironico che l’Unione Europea stia spingendo per la creazione di un’Unione Mediterranea, che unirebbe economicamente le nazioni del Mediterraneo e dell’Unione Europea con Israele e Turchia in ruoli chiave. È una risposta occidentale alla crescente forza e coesione dell’Heartland eurasiatico formato da Russia, Iran e Cina.
Per contrastare questa tendenza la Russia, la Cina e l’Iran hanno cominciato a corteggiare le nazioni del Mediterraneo. Dopo il viaggio di Nicholas Sarkozy in Algeria, durante una serie di visite tese a promuovere la creazione di un’Unione Mediterranea, una delegazione iraniana guidata da Mahmoud Ahmadinejad ha presentato una contro-proposta per la creazione di un blocco alternativo; che è quello che gli iraniani hanno chiamato Unione Islamica.
L’Unione Islamica è essenzialmente un progetto economico rivale dell’Unione Mediterranea nelle terre mediterranee del Nord Africa e del Medio Oriente, più che l’istituzionalizzazione dell’Islam in questi stati. Indubbiamente la proposta iraniana deve godere del supporto ufficioso di Mosca. È più che probabile che l’Unione Islamica sarà legata in qualche forma all’Unione Eurasiatica proposta da Russia e Kazakistan. Questi blocchi regionali possono sovrapporsi e paesi come l’Iran possono ipoteticamente appartenere all’Unione Eurasiatica e a quella Islamica, come la Francia e l’Italia potrebbero far parte contemporaneamente dell’UE e dell’Unione Mediterranea. Tutto ciò fa parte anche della politica del rischio calcolato di trasformare varie regioni in entità sovranazionali e infine in entità super-nazionali che si unificherebbero con entità simili.
Il conflitto arabo-israeliano e il cosiddetto processo di pace in Medio Oriente, che essenzialmente include l’iniziativa di pace araba proposta dall’Arabia Saudita nel 2002, sono connessi con il progetto economico congiunto USA-UE che è l’Unione Mediterranea, che vedrà l’integrazione delle economie del mondo arabo con quella di Israele in una rete di relazioni economiche regionalizzate che alla fine unificheranno le economie d’Europa, Israele, Turchia e mondo arabo. Il progetto dell’Unione Mediterranea fu stilato anni prima della fine della guerra fredda e della disintegrazione dell’Unione Sovietica. I profondi legami tra Turchia e Israele sono stati un passo preparatorio verso la creazione di questa Unione Mediterranea con la partecipazione e il pieno coinvolgimento di Israele come uno dei suoi pilastri.
La concezione dei blocchi e la regionalizzazione: scontro orwelliano tra Oceania ed Eurasia?
Gli attori dell’Heartland eurasiatico capiscono quello che sta succedendo. Inoltre la Francia e la Germania, come l’India, vengono corteggiate dagli attori dell’Heartland eurasiatico che le incoraggiano a svincolarsi dall’asse anglo-americano. Questo probabilmente spiega perché l’euro non sia preso di mira sui mercati valutari internazionali da Iran, Russia, Venezuela e Cina come lo è il dollaro americano. O è perché l’America per questi paesi è una minaccia immediata?
Gli eurasiatici stanno lentamente saggiando il controllo dei centri finanziari occidentali sulle transazioni globali. La creazione del petro-rublo in Russia e nelle repubbliche dell’ex-URSS e l’istituzione sull’Isola di Kish di una borsa petrolifera iraniana fanno parte di questa tendenza.
In ogni caso, sembra che sia troppo tardi per porre fine all’intesa tra le parti franco-tedesca e anglo-americana. Gli interessi franco-tedeschi paiono ormai indissolubili da quelli anglo-americani. È stato raggiunto un accordo per fondere in futuro, dal punto di vista dei sistemi di scambio, le economie dell’UE e del Nord America nell’interesse di Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Germania. [12] Questo accordo consentirà anche alle quattro principali potenze del cosiddetto mondo occidentale di sfidare l’Heartland eurasiatico in fase di fusione in un singolo potente blocco o attore geopolitico.
Ogniqualvolta nell’Heartland eurasiatico è emersa una potenza dominante si sono storicamente combattute guerre – è bastato il timore di una tale ipotesi perché si scatenasse un conflitto – per impedirne l’ascesa. Queste diverse fasi di regionalismo e di fusioni regionalizzate indicano diverse cose, ma in senso orwelliano possono significare che l’Oceania e l’Eurasia si stanno preparando a sfidarsi. [13]
Versione originale:
Mahdi Darius Nazemroaya
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=7064
3.12.07
Versione italiana:
Fonte: http://mirumir.altervista.org/
Link: http://mirumir.altervista.org/2007/12/il-grande-gioco-leurasia-e-la-storia.html
14.12.07
NOTE
Questo articolo è una continuazione di L’alleanza sino-russa: una sfida alle ambizioni americane in Eurasia e accenna al concetto dell’Unione Mediterranea che sarà trattato in un articolo successivo.
[1] Halford John Mackinder, Cap. 3 (The Seaman’s Point of View), in Democratic Ideals and Reality (London, U.K.: Constables and Company Ltd., 1919), p.91.
[2] Ibid., Cap. 4 (The Landman’s Point of View), p.121.
Note: Qusto capitolo di Democratic Ideals and Reality si basa su un saggio, Man-power as a Measure of National and Imperial Strength, che Mackinder scrisse per la National Review (UK) nel 1905. Va anche notato che Mackinder e altri ambienti londinesi consideravano le grandi popolazioni della Germania, dell’Austria-Ungheria e della Russia zarista delle minacce da contrastare. Se si leggono le opere complete di Mackinder si giungerà alla conclusione che propendeva per una sorta di darwinismo sociale tra le nazioni e vedeva l’idealismo democratico come qualcosa che andrebbe accantonato per preservare l’ordine imperiale britannico. Mackinder giunge a dire che il commercio britannico si basava sull’uso dei cannoni e della forza (Cap. 5, pp.187-188).
[3] Ibid., p.142.
[4] Lonnie R. Johnson, Central Europe: Enemies, Neighbors, Friends, 2nd ed. (Oxford, U.K.: Oxford University Press, 2002), pp. 37-42.
[5] Mackinder, Democratic Ideals, Op. cit., Cap. 5 (The Rivalry of Empires), pp.160-161.
[6] Ibid., Cap. 3, p.78.
[7] Ibid., pp.77-78.
[8] Ibid., p.78.
[9] Carroll Quigley, The Anglo-American Establishment: From Rhodes to Cliveden (San Pedro, California: GSG & Associates Publishers, 1981), pp. 233-235, 237-248, 253, 264-281, 285-302. "… dal 1920 al 1938 [gli obiettivi furono] gli stessi: mantenere l’equilibrio del potere in Europa mettendo la Germania contro la Francia e [l’Unione Sovietica]; accrescere il peso della Gran Bretagna in quell’equilibrio allineando al suo fianco i Domini [per esempio, l’Australia e il Canada] e gli Stati Uniti; respingere qualsiasi coinvolgimento (specie attraverso la Lega delle Nazioni, e soprattutto in aiuto della Francia) oltre a quelli esistenti nel 1919; mantenere la libertà d’azione britannica; spingere la Germania verso est contro [l’Unione Sovietica] se una delle due potenze (o entrambe) diviene una minaccia per la pace [intendendo probabilmente il potere economico] dell’Europa Occidentale (p.240)"
"… gli accordi di Locarno prevedevano una garanzia collettiva delle frontiere francese e belga con la Germania e furono firmati dai tre paesi più la Gran Bretagna e l’Italia nel ruolo di potenze garanti. In realtà il patto non concedeva nulla alla Francia, mentre dava alla Gran Bretagna il veto sull’adempimento francese delle alleanze con la Polonia e la Piccola Intesa. I francesi accettarono questi documenti ingannevoli per ragioni di politica interna (…) Questa trappola [gli accordi di Locarno] era costituita da vari fattori interconnessi. In primo luogo, gli accordi non garantivano la frontiera tedesca e la smilitarizzazione della Renania contro azioni tedesche, ma contro le azioni di Germania o Francia. Ciò, in un colpo solo, dava alla Gran Bretagna il diritto di opporsi a qualsiasi azione francese contro la Germania a supporto dei suoi alleati a est della Germania. Significava che se la Germania si muoveva verso est contro la Cecoslovacchia, la Polonia e infine [l’Unione Sovietica], e se la Francia attaccava la frontiera occidentale della Germania in appoggio alla Cecoslovacchia e alla Polonia, com’era tenuta a fare in base alle sue alleanze, la Gran Bretagna, il Belgio e l’Italia potevano essere costrette dagli accordi di Locarno ad andare in aiuto della Germania (p.264)."
"L’evento del marzo del 1936, cioè la rimilitarizzazione della Renania da parte di Hitler, fu l’evento più significativo di tutta la storia dell’appeasement. Finché i territori a ovest del Reno e una striscia larga cinquanta chilometri sulla sponda orientale del fiume fossero rimasti smilitarizzati, come previsto dal Trattato di Versailles e dagli Accordi di Locarno, Hitler non avrebbe mai osato attaccare Austria, Cecoslovacchia e Polonia. Non avrebbe osato perché, con la Germania indifesa e priva di soldati, la Francia avrebbe potuto facilmente entrare nell’area industriale della Ruhr paralizzando la Germania e impedendole di andare verso est. E già allora [1936], certi membri del Milner Group e del governo conservatore britannico avevano già elaborato la fantastica idea di poter prendere due piccioni con una fava mettendo la Germania e [l’Unione Sovietica] l’una contro l’altra. Pensavano così che due nemici si sarebbero tenuti reciprocamente in scacco, o che la Germania si sarebbe accontentata del petrolio della Romania e del grano dell’Ucraina. A nessuno di coloro che occupavano posizioni di responsabilità venne mai in mente che la Germania e [l’Unione Sovietica] potessero fare fronte comune, anche solo temporaneamente, contro l’Occidente. Tanto meno capitò loro di pensare che [l’Unione Sovietica] potesse battere la Germania e aprire tutta l’Europa Centrale al bolscevismo (p.265).”
"Per mettere in atto il piano di permettere alla Germania di andare a est contro [l’Unione Sovietica], era necessario fare tre cose: (1) liquidare tutti i paesi che stavano tra la Germania e la Russia; (2) impedire alla Francia di onorare le sue alleanze con questi paesi [cioè la Cecoslovacchia e la Polonia]; e (3) ingannare il popolo [britannico] per far sì che accettasse tutto questo come una necessaria, anzi l’unica, soluzione al problema internazionale. Il gruppo Chamberlain riuscì così bene in tutte e tre le cose che fu sul punto di aver successo, e fallì solo per l’ostinazione dei Polacchi, la fretta indecente di Hitler, e il fatto che all’ultimo momento il Milner Group si rese conto delle implicazioni [geo-strategiche] della sua politica e tentò un’inversione di rotta (p.266)." "Quattro giorni dopo, Hitler annunciò il riarmo della Germania, e dopo altri dieci giorni la Gran Bretagna condonò l’azione mandando Sir John Simon in visita di stato a Berlino. Quando la Francia tentò di controbilanciare il riarmo della Germania portando l’Unione Sovietica nel suo sistema di alleanze orientali nel maggio del 1935, i britannici risposero formando l’Accordo Navale anglo-tedesco del 18 giugno 1935. Questo accordo, concluso da Simon, permetteva alla Germania di possedere una flotta purché limitata al 35% di quella britannica (e fino al 100% nel caso dei sottomarini). Per la Francia fu una mortale pugnalata alle spalle, perché dava alla Germania una marina notevolmente più grande di quella francese nelle categorie importanti (navi da guerra e portaerei), perché la Francia per trattato doveva attenersi al limite del 33%; e la Francia aveva anche un impero mondiale da proteggere e la marina italiana nemica nel Mediterraneo. Questo accordo mise la flotta francese in Atlantico talmente in balia della marina tedesca che la Francia dovette dipendere completamente dalla flotta britannica per avere protezione in quest’area (pp.269-270)".
"La liquidazione dei paesi tra la Germania e [l’Unione Sovietica] poté cominciare non appena la Renania fu rimilitarizzata, senza che la Germania dovesse temere che la Francia fosse in grado di attaccarla a ovest mentre era impegnata a est (p.272)".
"I paesi destinati a essere liquidati comprendevano l’Austria, la Cecoslovacchia e la Polonia, ma non la Grecia e la Turchia, poiché il Gruppo [Milner] non aveva alcuna intenzione di permettere alla Germania di scendere verso la vitale linea del Mediterraneo. Anzi, lo scopo del Piano Hoare-Laval del 1935, che distrusse il sistema di sicurezza collettiva cercando di cedere gran parte dell’Etiopia all’Italia, era quello di fare concessioni all’Italia e posizionarla al fianco della [Gran Bretagna], per bloccare il movimento a sud della Germania invece che a est [verso l’Unione Sovietica] (p.273).”
[10] Mackinder, Democratic Ideals, Op. cit., Cap. 5, pp.160-168.
[11] Ibid., Cap. 6 (The Freedom of Nations), pp. 214-215.
[12] US and EU agree ‘single market,’ British Broadcasting Corporation (BBC), 30 Aprile 2007.
[13] Questa ultima affermazione andrebbe letta criticamente e il livello di cooperazione tra entrambe le parti dovrebbe essere attentamente esaminato.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4059
Tuesday, October 02, 2007
L’alleanza sino-russa, di Mahdi Darius Nazemroaya
L’alleanza sino-russa: una sfida alle ambizioni americane in Eurasia
Mahdi Darius Nazemroaya
Global Research, 23 settembre 2007
Ma se lo spazio intermedio [la Russia e l’ex Unione Sovietica] respinge l’Occidente [l’Unione Europea e l’America], diventa una singola entità assertiva e stabilisce il proprio controllo sul Sud [il Medio Oriente] o si allea con il principale attore orientale [la Cina], il primato dell’America in Eurasia si restringe drammaticamente. Lo stesso accadrebbe se i due principali attori orientali si coalizzassero in qualche modo. Infine, un’estromissione dell’America da parte dei suoi partner occidentali [l’intesa franco-tedesca] dalla sua posizione di vantaggio sulla periferia occidentale [l’Europa] segnerebbe automaticamente l’esclusione dell’America dalla partita in corso sulla scacchiera eurasiatica, anche se comporterebbe anche la subordinazione dell’estremità occidentale a un protagonista che occupa lo spazio intermedio e che è tornato alla ribalta [per esempio la Russia].
Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives, 1997 (La grande scacchiera: la supremazia americana e i suoi imperativi geo-strategici)
La Terza Legge del Moto di Sir Isaac Newton afferma che "a ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria". Questi principi della fisica possono essere applicati anche alle scienze sociali, con particolare riferimento alle relazioni sociali e alla geopolitica.
L’America e la Gran Bretagna, l’alleanza anglo-americana, hanno intrapreso un progetto ambizioso per controllare le risorse energetiche globali. Le loro azioni hanno prodotto una serie di complicate reazioni, portando alla creazione di una coalizione eurasiatica che si sta preparando a sfidare l’asse anglo-americano.
L’accerchiamento della Russia e della Cina: le ricadute delle ambizioni globali anglo-americane
"Oggi stiamo assistendo a un uso quasi incontenibile e ipertrofico della forza negli affari internazionali, di una forza militare che sta spingendo il mondo in un abisso fatto di un conflitto dopo l’altro. Ne consegue che non abbiamo le capacità sufficienti per trovare una soluzione articolata ad alcuno di questi conflitti. Trovare una soluzione politica diventa ugualmente impossibile. Stiamo osservando un disprezzo sempre maggiore dei principi basilari della legge internazionale. E le norme legali indipendenti si stanno di fatto sempre più avvicinando al sistema legale di un unico stato, e precisamente gli Stati Uniti, i quali hanno varcato i propri confini nazionali in tutte le sfere".
Vladimir Putin alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza (11 febbraio 2007)
Ciò che i leader americani chiamavano "Nuovo Ordine Mondiale" è ciò che la Cina e la Russia considerano un "Mondo Unipolare". Questa è la visione o allucinazione, a seconda della prospettiva, che ha colmato il divario tra Pechino e Mosca.
La Cina e la Russia sono ben consapevoli di essere il bersaglio dell’alleanza anglo-americana. Sono unite dai comuni timori di un accerchiamento. Non è un caso che lo stesso anno in cui la NATO bombardò la Jugoslavia il presidente cinese Jiang Zemin e quello russo Boris El’cin avessero anticipato una dichiarazione comune durante lo storico vertice del dicembre del 1999 rivelando che la Cina e la Federazione russa avrebbero unito le forze per resistere al "Nuovo Ordine Mondiale". I semi di questa dichiarazione sino-russa erano stati di fatto gettati nel 1996, quando le due potenze si opposero all’imposizione globale dell’egemonia di un unico stato.
Sia Jiang Zemin che Boris El’cin dichiararono che tutti gli stati-nazione hanno diritto allo stesso trattamento, devono poter godere della sicurezza e rispettare la reciproca sovranità ma soprattutto non intromettersi negli affari interni degli altri stati-nazione. Queste dichiarazioni erano dirette al governo degli Stati Uniti e ai suoi alleati.
I cinesi e i russi sollecitarono inoltre la creazione di un ordine globale politico ed economico più equo. Entrambe le nazioni indicarono poi che l’America si celava dietro i movimenti separatisti dei loro rispettivi paesi. Sottolinearono anche le ambizioni ispirate dagli americani di balcanizzare e finlandizzare gli stati-nazione eurasiatici. Influenti politologi americani come Zbigniew Brzezinski avevano già auspicato una decentralizzazione e infine divisione della Federazione Russa.
Sia i cinesi, sia i russi diffusero una dichiarazione in cui mettevano in guardia contro la creazione di uno scudo missilistico internazionale e la violazione del Trattato Anti-Missili Balistici (Trattato ABM), che avrebbero destabilizzato l’ambiente internazionale e polarizzato il mondo. Nel 1999 i cinesi e i russi erano consapevoli di ciò che sarebbe successo e della direzione che l’America stava prendendo. Nel giugno del 2002, meno di un anno prima dello scatenarsi della "Guerra globale contro il Terrore", George W. Bush Jr. annunciò che gli Stati Uniti si sarebbero ritirati dal Trattato ABM.
Il 24 luglio del 2001, meno di due mesi prima dell’11 settembre, Cina e Russia firmarono il Trattato di Buon Vicinato, Amicizia e Cooperazione. Quest’ultimo è in realtà un patto di mutua difesa contro gli Stati Uniti, la NATO e la rete militare asiatica appoggiata dagli Stati Uniti che circondava la Cina. [1]
Il patto militare della Shanghai Treaty Organization (SCO) adotta le stesse formule velate. Vale anche la pena di notare che l’Articolo 12 del trattato bilaterale sino-russo del 2001 stipula che la Cina e la Russia collaboreranno per mantenere l’equilibrio strategico globale, "osservare gli accordi basilari rilevanti per la salvaguardia e la conservazione della stabilità strategica" e "promuovere il processo di disarmo nucleare". [2] Questo sembra alludere a una minaccia nucleare rappresentata dagli Stati Uniti.
Mettere i bastoni tra le ruote all’America e alla Gran Bretagna: una "Coalizione Cina-Russia-Iran"
Come risultato del proposito anglo-americano di accerchiare e infine smantellare la Cina e la Russia, Mosca e Pechino hanno serrato i ranghi e la SCO si è lentamente sviluppata fino a diventare un potente corpo internazionale nel cuore dell’Eurasia.
Il principali obiettivi della SCO sono di natura difensiva. Gli obiettivi economici consistono nell’integrare e unificare le economie eurasiatiche contro l’attacco economico e finanziario sferrato dalla trilaterale costituita da Nord America, Europa Occidentale e Giappone, che controlla porzioni significative dell’economia globale.
Lo Statuto della SCO, facendo uso del gergo occidentale della sicurezza nazionale, si propone di combattere "il terrorismo, il separatismo e l’estremismo". Le attività terroristiche, i gruppi separatisti e i movimenti estremisti in Russia, Cina e Asia Centrale sono tutte forze tradizionalmente alimentate, finanziate, armate e segretamente appoggiate dai governi britannico e statunitense. Diversi gruppi separatisti ed estremisti che hanno destabilizzato paesi membri della SCO hanno perfino sedi a Londra.
L’Iran, l’India, il Pakistan e la Mongolia sono tutti membri della SCO. Lo status di osservatore dell’Iran nell’Organizzazione è fuorviante: l’Iran è un membro de facto. Lo status di osservatore mira a celare la natura della cooperazione trilaterale tra Iran, Russia e Cina per evitare che la SCO possa essere etichettata e demonizzata come coalizione militare anti-americana o anti-occidentale.
Gli interessi dichiarati di Cina e Russia consistono nell’assicurare la continuità di un "Mondo Multipolare". Zbigniew Brzezinski nel suo libro del 1997 The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives, prefigurò e lanciò un monito contro la creazione o "comparsa di una coalizione ostile [con base in Eurasia] in grado di sfidare la supremazia americana". [3] Definì inoltre questa potenziale coalizione eurasiatica un’"alleanza anti-egemonica" che si sarebbe formata sulla base di una "coalizione sino-russo-iraniana" che avrebbe avuto la Cina come fulcro. [4] Questi sono la SCO e i diversi gruppi eurasiatici ad essa collegati.
Nel 1993 Brzezinski scrisse che "Nello stimare le future opzioni della Cina bisogna anche considerare la possibilità che una Cina economicamente vincente e politicamente sicura di sé – ma che si sentisse esclusa dal sistema globale e decidesse di sostenere e guidare gli stati svantaggiati – possa decidere di lanciare una sfida non solo chiaramente dottrinale ma anche potentemente geopolitica al mondo trilaterale dominante [riferimento al fronte economico formato da America del Nord, Europa Occidentale e Giappone]". [5]
Brzezinski avverte che la risposta di Pechino alla sfida allo status quo globale sarebbe la creazione di una coalizione sino-russo-iraniana: "Per gli strateghi cinesi la mossa geopolitica più efficace per contrastare la coalizione di America, Europa e Giappone sarebbe la formazione di una tripla alleanza che unisse la Cina all’Iran nella regione del Golfo Persico/Medio Oriente e alla Russia nell’area dell’ex Unione Sovietica [ed Europa Orientale]". [6] Brzezinski prosegue dicendo che la coalizione sino-russo-iraniana, che chiama anche "coalizione contro il sistema costituito", potrebbe diventare una potente calamita per altri stati [come il Venezuela] insoddisfatti dello status quo [globale]". [7]
Inoltre Brzezinski nel 1997 ammoniva che "L’obiettivo più immediato [per gli Stati Uniti] consiste nell’assicurarsi che nessuno stato o insieme di stati acquisisca la capacità di espellere gli Stati Uniti dall’Eurasia o anche semplicemente di diminuire in misura significativa il loro decisivo ruolo arbitrale". [8] Forse il suo monito è stato dimenticato, perché gli Stati Uniti sono stati estromessi dall’Asia Centrale e le loro truppe sfrattate dall’Uzbekistan e dal Tagikistan.
Le ricadute delle "Rivoluzioni di Velluto" nell’Asia Centrale
L’Asia Centrale ha assistito a vari tentativi di cambio di regime appoggiati dai britannici e dagli americani. Questi tentativi sono stati caratterizzati da rivoluzioni di velluto simili alla Rivoluzione Arancione in Ucraina e alla Rivoluzione delle Rose in Georgia.
Nell’Asia Centrale queste rivoluzioni di velluto finanziate dagli Stati Uniti hanno fallito, con l’eccezione del Kirghizistan dove c’era stato un parziale successo con la cosiddetta Rivoluzione dei Tulipani.
Di conseguenza il governo degli Stati Uniti ha incassato pesanti sconfitte geopolitiche in Asia Centrale. Tutti i leader centro-asiatici hanno preso le distanze dall’America.
Russia e Iran si sono anche assicurati contratti energetici nella regione. Gli sforzi decennali dell’America per esercitare un ruolo egemonico nell’Asia Centrale sono stati ribaltati da un giorno all’altro. Le rivoluzioni finanziate dagli Stati Uniti hanno prodotto delle ricadute. Ne sono rimaste danneggiate in particolare le relazioni tra l’Uzbekistan e gli Stati Uniti.
L’Uzbekistan si trova sotto il controllo autoritario del presidente Islam Karimov. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, il presidente Karimov fu convinto con le lusinghe a condurre l’Uzbekistan nell’alveo dell’alleanza anglo-americana e della NATO. Quando ci fu un attentato contro di lui, Karimov sospettò che il Cremlino volesse punirlo proprio per questa sua indipendenza. Questo portò all’uscita dell’Uzbekistan dalla CSTO [l’Organizzazione per il Trattato sulla Sicurezza Collettiva, n.d.T.]. Ma anni dopo Islam Karimov cambiò idea sui reali responsabili dell’attentato.
Secondo Zbigniew Brzezinski l’Uzbekistan costituiva un importante ostacolo per il ristabilimento del controllo russo sull’Asia Centrale ed era praticamente invulnerabile alle pressioni russe; ecco perché era importante assicurarsi che l’Uzbekistan diventasse un protettorato americano nell’Asia Centrale.
L’Uzbekistan è anche lo stato militarmente più forte dell’Asia Centrale. Nel 1998 ospitò sul suo suolo le esercitazioni militari della NATO. L’Uzbekistan si stava pesantemente militarizzando, come la Georgia nel Caucaso. Gli Stati Uniti diedero all’Uzbekistan ingenti aiuti finanziari per sfidare il Cremlino in Asia Centrale e fornirono anche un addestramento all’esercito uzbeko.
Quando nel 2001 fu lanciata la "Guerra Globale contro il Terrore" l’Uzbekistan, alleato degli anglo-americani, offrì immediatamente agli Stati Uniti la base di Karši-Chanabad.
Il governo dell’Uzbekistan sapeva già quale direzione avrebbe preso la "Guerra Globale contro il Terrore". Irritando l’amministrazione Bush, il presidente uzbeko formulò una politica indipendente. La luna di miele tra l’Uzbekistan e l’alleanza anglo-americana finì quando Washington e Londra presero in considerazione la deposizione di Islam Karimov. Era un po’ troppo indipendente per i loro gusti. Il tentativi di deporlo fallirono, causando uno spostamento delle alleanze geopolitiche.
I tragici eventi del 13 maggio 2005 ad Andijan segnarono la rottura tra l’Uzbekistan e l’alleanza anglo-americana. La popolazione di Andijan fu spinta allo scontro con le autorità uzbeke, e il tutto finì con un pesante intervento dell’esercito che portò a un numero imprecisato di vittime.
Si disse che fossero coinvolti dei gruppi armati. I mezzi di informazione di Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea si concentrarono soprattutto sulle violazioni dei diritti umani senza citare il ruolo occulto dell’alleanza anglo-americana. L’Uzbekistan accusò la Gran Bretagna e gli Stati Uniti di aver istigato la ribellione.
M. K. Bhadrakumar, ex ambasciatore indiano in Uzbekistan (1995-1998), ha rivelato che l’Hezbut Tahrir (HT) era uno dei partiti accusati dal governo uzbeko di aver istigato la folla ad Andijan. [9] Il gruppo stava già tentando di destabilizzare l’Uzbekistan facendo uso di tattiche violente. Il quartier generale di questo gruppo ha sede a Londra e gode dell’appoggio del governo britannico. Londra è un fulcro per l’attività di molte organizzazioni simili che promuovono interessi anglo-americani in vari paesi, compresi l’Iran e il Sudan, per mezzo di campagne di destabilizzazione. In seguito ai fatti di Andijan L’Uzbekistan ha perfino avviato una repressione nei confronti delle organizzazioni non governative straniere.
Nell’Asia Centrale l’alleanza anglo-americana ha giocato male le proprie carte. L’Uzbekistan aveva ufficialmente lasciato il GUUAM , un’organizzazione appoggiata da NATO e Stati Uniti in funzione anti-russa. Il GUUAM ridiventò pertanto GUAM (Georgia, Ucraina, Azerbaijan e Moldavia) il 24 maggio 2005.
Il 29 luglio 2005 le truppe statunitensi ricevettero l’ordine di lasciare l’Uzbekistan entro sei mesi. [10] Agli americani fu letteralmente detto che non erano più i benvenuti in Uzbekistan e nell’Asia Centrale.
Anche la Russia, la Cina e la SCO si fecero sentire. Gli Stati Uniti abbandonarono la loro base aerea in Uzbekistan nel novembre del 2005.
L’Uzbekistan è rientrata nella CSTO il 26 giugno 2006 e si è riallineata ancora una volta con Mosca. Il presidente uzbeko è diventato un deciso e rumoroso sostenitore, insieme all’Iran, dell’espulsione totale degli Stati Uniti dall’Asia Centrale. [11] Diversamente dall’Uzbekistan, il Kirghizistan ha continuato a permettere agli Stati Uniti di usare la base aerea di Manas, ma con restrizioni e in un clima di incertezza. Il governo kirghizo ha anche specificato che dal Kirghizistan non dovranno partire azioni militari americane contro l’Iran.
Un significativo errore geo-strategico
Sembra che tra il 2001 e il 2002 si stesse preparando un riavvicinamento tra l’Iran e gli Stati Uniti. All’inizio della guerra globale contro il terrorismo, Hezbollah e Hamas, due organizzazioni arabe appoggiate dall’Iran e dalla Siria, furono tenute fuori dalla lista delle organizzazioni terroristiche compilata dal Dipartimento di Stato americano. L’Iran e la Siria erano anche vagamente ritratte come potenziali partner nella "Guerra Globale contro il Terrore".
In seguito all’invasione dell’Iraq, nel 2003, l’Iran espresse il proprio sostegno al governo iracheno post-Saddam. Durante l’invasione dell’Iraq i soldati americani attaccarono la milizia d’opposizione iraniana con base in Iraq, l’organizzazione Mujahedin-e Khalq (MEK/MOK/MKO). I jet iraniani attaccarono a loro volta e pressoché in contemporanea le basi della MEK.
L’Iran, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti collaborarono anche contro i talebani in Afghanistan. Vale la pena di ricordare che i talebani non furono mai alleati dell’Iran. Fino al 2000 i talebani erano stati appoggiati da Stati Uniti e Gran Bretagna, in perfetta armonia con l’esercito e l’intelligence pakistani.
I talebani furono traumatizzati e disorientati da quello che videro come un tradimento da parte di americani e britannici nel 2001 – questo alla luce del fatto che nell’ottobre del 2001 avevano dichiarato che avrebbero consegnato agli Stati Uniti Osama bin Laden, se avessero ricevuto le prove del suo presunto coinvolgimento negli attentati dell’11 settembre.
Zbigniew Brzezinski ammonì ben prima del 2001 che "Russia, Cina e Iran potrebbero allearsi solo se gli Stati Uniti fossero così miopi da contrapporsi simultaneamente a Cina e Iran". [12] L’arroganza dell’amministrazione Bush Jr. ha prodotto proprio questo atteggiamento miope.
Secondo il Washington Post, "Subito dopo la presa-lampo di Baghdad da parte delle truppe degli Stati Uniti, tre anni fa [nel 2003], da un fax dell’ufficio per il Vicino Oriente del Dipartimento di Stato uscì un insolito documento di due pagine. L’Iran proponeva un ampio dialogo con gli Stati Uniti, e il fax suggeriva che tutto era possibile, compresa una completa collaborazione sui programmi nucleari, l’accettazione dello Stato di Israele e la fine dell’appoggio iraniano ai gruppi militanti palestinesi". [13]
La Casa Bianca, impressionata da quelle che considerava "grandiose vittorie" in Iraq e in Afghanistan, decise semplicemente di ignorare la lettera, mandata dal governo svizzero per conto di Teheran attraverso canali diplomatici.
Tuttavia non fu ciò che venne erroneamente percepito come una vittoria rapida in Iraq che spinse l’amministrazione Bush a mettere da parte l’Iran. Il 29 gennaio 2002, in un importante discorso, il presidente Bush Jr. confermò che gli Stati Uniti avrebbero preso di mira anche l’Iran, che era stato aggiunto al cosiddetto "Asse del Male" con l’Iraq e la Corea del Nord. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna intendevano attaccare l’Iran, la Siria e il Libano dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003. Nel luglio del 2003, subito dopo l’invasione, il Pentagono formulò uno scenario di guerra iniziale chiamato "Theater Iran Near Term (TIRANNT)" (Teatro Iran a Breve Termine).
A partire dal 2002 l’amministrazione Bush aveva deviato dal copione geo-strategico originario. Tra le altre cose, la Francia e la Germania furono escluse dalla spartizione del bottino della guerra in Iraq.
L’intenzione era di agire contro l’Iran e la Siria proprio come America e Gran Bretagna avevano tradito gli alleati talebani in Afghanistan. Gli Stati Uniti erano anche decisi a colpire Hezbollah e Hamas. Secondo Daniel Sobelman, corrispondente di Haaretz, nel gennaio del 2001 il governo degli Stati Uniti avvertì il Libano che gli Stati Uniti avrebbero preso di mira Hezbollah. Queste minacce dirette contro il Libano furono fatte all’inizio del mandato presidenziale di George W. Bush Jr., otto mesi prima dell’11 settembre.
Il conflitto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tra l’alleanza anglo-americana e l’intesa franco-tedesca appoggiata da Russia e Cina raffigurava bene questo scarto.
Dopo la fine della Guerra Fredda gli esperti americani di geo-strategia avevano previsto da anni che l’intesa franco-tedesca diventasse un partner nei loro piani di supremazia globale. A questo proposito Zbigniew Brzezinski aveva riconosciuto che all’intesa franco-tedesca sarebbe stato concesso uno status più elevato e che si sarebbe dovuto spartire le prede di guerra con gli alleati europei di Washington.
Alla fine del 2004 l’alleanza anglo-americana cominciò a correggere il proprio atteggiamento nei confronti della Francia e della Germania. Washington tornò al proprio copione geo-strategico originario che prevedeva un ruolo più esteso della NATO nel Mediterraneo Orientale. Alla Francia furono garantite concessioni petrolifere in Iraq.
Anche i piani di guerra del 2006 per il Libano e il Mediterraneo Orientale dimostrano un importante cambio di direzione, con l’intesa franco-tedesca come partner e un importante ruolo militare per Francia e Germania nella regione.
Vale la pena di notare che agli inizi del 2007 anche l’atteggiamento nei confronti dell’Iran è cambiato significativamente. Dopo gli scacchi in Iraq e in Afghanistan (ma anche in Libano, Palestina, Somalia e nell’Asia Centrale ex sovietica), la Casa Bianca ha avviato negoziati segreti con l’Iran e la Siria. In ogni caso il dado è stato tratto, e pare che l’America non sarà in grado di compromettere un’alleanza militare che includa Russia, Iran e la Cina come fulcro.
La Commissione Baker-Hamilton: occulta cooperazione anglo-americana con l’Iran e la Siria?
"L’America dovrebbe anche appoggiare decisamente le aspirazioni turche a un oleodotto da Baku in [nella Repubblica dell’] Azerbaijan a Ceyhan sul litorale mediterraneo turco come importante sbocco per le risorse energetiche del bacino del Mar Caspio. Non è inoltre nell’interesse dell’America perpetuare l’ostilità tra America e Iran. Una riconciliazione dovebbe basarsi sul riconoscimento di un mutuo interesse strategico per la stabilizzazione di ciò che attualmente è un ambiente regionale molto mutevole per l’Iran [per esempio, Iraq e Afghanistan]. Certamente una tale riconciliazione andrebbe perseguita da entrambi le parti e non dovrebbe essere un favore concesso unilateralmente. Un Iran forte, anche religiosamente motivato ma non fanaticamente anti-occidentale, è nell’interesse degli Stati Uniti e perfino la dirigenza politica iraniana potrà infine riconoscere quella realtà. Nel frattempo gli interessi americani ad ampio raggio in Eurasia sarebbero avvantaggiati se cadessero le attuali obiezioni americane a una più stretta collaborazione economica tra Turchia e Iran, soprattutto nella costruzione di nuovi oleodotti".
Zbigniew Brzezinski (The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives, 1997)
Le raccomandazioni della Commissione Baker-Hamilton o Iraq Study Group (ISG) non rappresentano un cambio di direzione nell’atteggiamento verso l’Iran, ma piuttosto un ritorno alla linea di condotta dalla quale l’amministrazione Bush aveva deviato dopo le illusioni suscitate dalle rapide vittorie in Afghanistan e Iraq. In altre parole, la Commissione Baker-Hamilton si è occupata di controllo dei danni e di rimettere l’America sulla via originariamente intrapresa dagli strateghi militari e verosimilmente tradita dall’amministrazione Bush.
Il Rapporto dell’ISG lascia anche sottilmente intendere che si potrebbe agire sull’Iran (e per estensione sulla Siria) favorendo l’adozione delle riforme economiche del cosiddetto "libero mercato" piuttosto che imponendo un cambio di regime. L’ISG inoltre è favorevole all’ingresso di Siria e Iran nella World Trade Organization (WTO). [14] Bisognerebbe anche osservare, a tale proposito, che l’Iran ha già avviato un programma di privatizzazione di massa che coinvolge tutti i settori, dalle banche all’energia e all’agricoltura.
Il Rapporto dell’ISG raccomanda inoltre la fine del Conflitto arabo-israeliano e la pace tra Israele e Siria. [15]
La Comissione Baker-Hamilton ha anche analizzato gli interessi comuni di Iran e Stati Uniti. L’ISG ha raccomandato agli Stati Uniti di non rafforzare nuovamente i talebani in Afghanistan (in funzione anti-iraniana). [16] Bisognerebbe anche notare che Imad Moustapha, l’ambasciatore siriano negli Stati Uniti, il ministro degli esteri siriano e Javad Zarif, il rappresentante iraniano alle Nazioni Unite, sono stati tutti consultati dalla Commissione Baker-Hamilton . [17] L’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, Javad Zarif, ha anche fatto per anni da intermediario tra i governi statunitense e iraniano.
Vale la pena di ricordare che l’amministrazione Clinton seguiva la via del riavvicinamento all’Iran, tentando al contempo di tenere sotto controllo l’Iran secondo la dottrina del "doppio contenimento" nei confronti di Iraq e Iran. Questa politica si ricollegava anche alla Draft Defence Guidance (bozza del Documento per la Pianificazione della Difesa) del 1992, scritta da membri delle amministrazioni di Bush padre e figlio.
Vale la pena di ricordare anche che Zbigniew Brzezinski aveva affermato già nel 1979 e ribadito nel 1997 che l’Iran con il suo sistema politico post-rivoluzionario poteva essere cooptato dall’America. [18] La Gran Bretagna nel 2002 e il 2003 assicurò inoltre alla Siria e all’Iran che non sarebbero stati presi di mira e li incoraggiò a collaborare con la Casa Bianca.
Si noti che la Turchia ha recentemente firmato con l’Iran un contratto per un gasdotto che trasporterà il gas verso l’Europa Occidentale. Questo progetto vede anche la partecipazione del Turkmenistan. [19] Sembrerebbe che questo accordo di cooperazione tra Teheran e Ankara indichi una riconciliazione piuttosto che uno scontro con Iran e Siria, ed è in linea con quando disse Brzezinski nel 1997 parlando degli interessi americani.
Anche il governo iracheno sostenuto dagli anglo-americani ha firmato accordi con l’Iran per la costruzione di condotti.
Ancora una volta ci si dovrebbe interrogare sugli interessi dell’America in questo affare, così come delle ottime opinioni espresse sull’Iran dai governanti fantoccio di Iraq e Afghanistan.
C’è qualcosa che non va…
L’attenzione dei media nordamericani e britannici per i commenti positivi su Teheran espressi dai clienti anglo-americani a Baghdad ha qualcosa di sinistro.
Anche se questi commenti da Baghdad e Kabul sul ruolo positivo assunto dall’Iran in Iraq e Afghanistan non sono una novità, lo è l’attenzione dei mezzi di informazione. Il presidente George W. Bush Jr. e la Casa Bianca hanno criticato il primo ministro iracheno per aver detto agli inizi di agosto del 2007 che l’Iran sta avendo un ruolo costruttivo in Iraq. La stampa nordamericana e quella britannica solitamente si sarebbero limitate a ignorare o a rifiutarsi di prender atto di questi commenti. Nell’agosto del 2007 non è stato così.
Il presidente afghano, Hamid Karzai, durante una conferenza stampa congiunta con George W. Bush Jr., ha dichiarato che l’Iran è un forza positiva nel suo paese. Non è strano sentir dire che l’Iran è una forza positiva all’interno dell’Afghanistan perché la stabilità dell’Afghanistan è tutta nell’interesse dell’Iran. La cosa strana è rappresentata dal "dove" e "quando" sono stati espressi questi commenti. Le conferenze stampa della Casa Bianca hanno una coreografia ben pianificata, e bisognerebbe interrogarsi sulla scelta di tempo e luogo per le dichiarazioni del presidente afghano. Subito dopo i commenti del presidente afghano il presidente iraniano è arrivato a Kabul per una visita senza precedenti che deve avere ricevuto l’approvazione della Casa Bianca.
L’influenza politica dell’Iran
Per quanto riguarda l’Iran e gli Stati Uniti, il quadro è sfocato e la linea di separazione tra cooperazione e rivalità è poco chiara. La Reuters e l’Iranian Student’s News Agency (ISNA) hanno entrambe riportato che dopo l’agosto del 2007 sarebbe potuta esserci una visita del presidente iraniano a Baghdad. Queste notizie sono emerse proprio prima che il governo statunitense cominciasse a minacciare di etichettare le Guardia Rivoluzionaria iraniana come un’organizzazione terroristica internazionale. Senza insinuare nulla, bisognerebbe osservare che la Guardia Rivoluzionaria e l’esercito americano hanno alle spalle una storia di collaborazione a basso profilo, dalla Bosnia-Herzegovina all’Afghanistan controllato dai talebani.
Il presidente iraniano ha anche invitato i presidenti degli altri quattro stati caspici per un vertice del Mar Caspio a Teheran. [20] Ha invitato il presidente turkmeno quando è andato in visita in Turkmenistan e in seguito i presidenti russo e kazako al summit della SCO nell’agosto del 2007. Anche il presidente della Repubblica dell’Azerbaijan, Aliyev, è stato invitato personalmente durante un viaggio a Baku del presidente iraniano. Il previsto summit del Mar Caspio potrebbe essere simile a quello svoltosi a Port Turkmenbashi, in Turkmenistan, tra i presidenti kazako, russo e turkmeno, e durante il quale è stato dato l’annuncio che la Russia non sarebbe stata esclusa dai contratti per la costruzione di condotti nell’Asia Centrale.
L’influenza iraniana si sta chiaramente rafforzando. Le autorità di Baku hanno anche fatto sapere che espanderanno la cooperazione energetica con l’Iran ed entraranno in contratto per la costruzione di un gasdotto tra Iran, Turchia e Turkmenistan che rifornirà i mercati europei. [21] Questo accordo per la fornitura di gas all’Europa è simile a un contratto per il trasporto dell’energia firmato da Grecia, Bulgaria e Federazione Russa. [22]
A levante, la Siria si impegna in negoziati con Ankara e Baku e sono stati avviati importanti colloqui tra gli americani e Teheran e Damasco. [23]
L’Iran ha anche preso parte a scambi diplomatici con Siria, Libano, Turchia e Repubblica dell’Azerbaijan. Inoltre, a partire dall’agosto del 2007 la Siria ha acconsentito a riaprire gli oleodotti iracheni per il trasporto del petrolio verso il Mediterraneo orientale attraverso il territorio siriano. [24] La recente visita ufficiale in Siria del primo ministro iracheno Al-Maliki è stata descritta come storica da fonti d’informazione come la British Broadcasting Corporation (BBC). Inoltre la Siria e l’Iraq si sono accordate sulla costruzione di un gasdotto dall’Iraq alla Siria, dove il gas iracheno verrà raffinato. [25] Si è detto che questo pacchetto di accordi economici sarebbe all’origine delle tensioni tra Baghdad e la Casa Bianca, ma la cosa è poco chiara. [26]
L’Iran e il Gulf Cooperation Council (GCC) stanno anche programmando di dare il via alla creazione di una zona di libero scambio tra l’Iran e il Consiglio di Cooperazione nel Golfo Persico. Nei mercati di Therean e nella cerchia politica di Rafsanjani si discute anche sulla creazione di un mercato unico tra Iran, Tagikistan, Armenia, Iraq, Afghanistan e Siria. Bisognerebbe indagare sul ruolo americano in questi processi, con riferimento all’Afghanistan, all’Iraq e al GCC.
Sotto la presidenza di Nicholas Sarkozy la Francia ha fatto capire di essere disposta a coinvolgere appieno i siriani se daranno garanzie specifiche a proposito del Libano. Queste garanzie sono legate agli interessi economici e geo-strategici francesi.
Contemporaneamente alle dichiarazioni francesi sulla Siria, Gordon Brown ha lasciato intendere che anche la Gran Bretagna è disposta ad avviare scambi diplomatici sia con la Siria che con l’Iran. Anche Heidemarie Wieczorek-Zeul, ministro tedesco per la cooperazione economica e lo sviluppo, si è impegnata in colloqui con Damasco su progetti comuni, riforma economica e avvicinamento della Siria all’Unità Europea. Questi colloqui, tuttavia, tendono a camuffarsi dietro alle discussioni tra Siria e Germania sull’esodo di massa dei profughi iracheni in seguito all’occupazione del loro paese. Il ministro degli esteri francesi è atteso a Teheran per colloqui sul Libano, la Palestina e l’Iraq. Nonostante le dichiarazioni guerrafondaie degli Stati Uniti e più recentemente della Francia, questi colloqui hanno prodotto speculazioni su una possibile marcia indietro su Iran e Siria. [27]
Ancora una volta tutto ciò fa parte del doppio atteggiamento degli Stati Uniti, che da un lato si preparano al peggio (la guerra) e dall’altro sollecitano la capitolazione diplomatica di Siria e Iran come stati clienti o partner. Quando la Gran Bretagna e la Libia hanno firmato accordi petroliferi e contratti di fornitura di armamenti, Londra ha dichiarato che l’Iran avrebbe dovuto seguire l’esempio libico, e questo è stato ribadito dalla Commissione Baker-Hamilton.
Si è fermata la corsa alla guerra?
Nonostante i colloqui a porte chiuse con Damasco e Teheran, Washington sta comunque armando i propri stati clienti in Medio Oriente. Israele si trova a uno stadio avanzato di preparazione militare per una guerra contro la Siria.
Diversamente da Francia e Germania, gli anglo-americani non nutrono ambizioni di cooperazione con Iran e Siria: l’obiettivo ultimo è la subordinazione politica ed economica.
Inoltre, che si tratti di amicizia o di inimicizia, l’America non può comunque tollerare l’Iran entro i suoi confini attuali. La balcanizzazione dell’Iran, come quella dell’Iraq e della Russia, è un importante obiettivo anglo-americano a lungo termine.
Non si può mai sapere cosa accadrà in futuro. Anche se si intravede del fumo all’orizzonte, non è detto che i piani militari di USA, NATO e Israele debbano necessariamente risultare nella messa in atto della guerra così come è stata programmata.
Sta emergendo una "coalizione sino-russo-iraniana" che costituirebbe la base di una contro-alleanza globale. L’America e la Gran Bretagna, piuttosto che optare per una guerra diretta, potrebbe scegliere di cooptare Iran e Siria attraverso la manipolazione macro-economica e le rivoluzioni di velluto.
Una guerra diretta contro Iran e Siria, comunque, non può essere esclusa. In Medio Oriente e Asia Centrale è davvero in corso una preparazione della guerra sul campo. Una conflitto contro Iran e Siria avrebbe vaste implicazioni a livello mondiale.
Mahdi Darius Nazemroaya risiede a Ottawa ed è uno scrittore indipendente specializzato in Medio Oriente e Asia Centrale. È ricercatore al Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione (CRG).
NOTE
[1] Trattato di Buon Vicinato e Cooperazione Amichevole tra la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa, firmato e entrato in vigore il 16 luglio 2001, Repubblica Popolare Cinese-Federazione Russa, Ministero degli affari esteri della Repubblica Popolare Cinese.
http://www.fmprc.gov.cn/eng/wjdt/2649/t15771.htm
Seguono gli articoli del trattato rilevanti per la mutua difesa di Cina e Russia contro l’accerchiamento guidato dagli Stati Uniti e i tentativi di smantellare entrambe le nazioni;
ARTICOLO 4
La Parte cinese appoggia la Parte russa nelle sue politiche di difesa dell’unità nazionale e integrità territoriale della Federazione Russa.
La Parte russa appoggia la Parte cinese nelle sue politiche di difesa dell’unità nazionale e integrità territoriale della Repubblica Popolare Cinese.
ARTICOLO 5
La Parte russa riafferma che la posizione sulla questione di Taiwan esposta nei documenti politici firmati e adottati dai capi di stato dei due paesi dal 1992 al 2000 rimane immutata. La Parte russa riconosce che nel mondo esiste solo una Cina, che la Repubblica Popolare Cinese è l’unico governo legale che rappresenti l’intera Cina e che Taiwan è parte inalienabile della Cina. La Parte russa si oppone a qualsiasi forma di indipendenza di Taiwan.
ARTICOLO 8
Le Parti contraenti non entreranno in alcuna alleanza né faranno parte di alcun blocco né intraprenderanno azioni, compresa la conclusione di trattati con un paese terzo, che possano compromettere la sovranità, la sicurezza e l’integrità territoriale dell’altra Parte contraente. Nessuna delle due Parti contraenti consentirà che il suo territorio venga usato da un paese terzo per minacciare la sovranità nazionale, la sicurezza e l’integrità territoriale dell’altra Parte contraente.
Nessuna delle due Parti contraenti consentirà la creazione di organizzazioni o bande sul proprio suolo che possano danneggiare la sovranità, la sicurezza e l’integrità territoriale dell’altra Parte contraente e le attività di tali gruppi andranno proibite.
ARTICOLO 9
In situazioni in cui una delle Parti contraenti giudichi che la pace sia in pericolo o che i suoi interessi in fatto di sicurezza siano in pericolo o quando deve affrontare la minaccia di un’aggressione, le Parti contraenti avvieranno immediatamente contatti e consultazioni per eliminare tali minacce.
ARTICOLO 12
Le Parti contraenti collaboreranno per il mantenimento dell’equilibrio e della stabilità strategici globali e si impegneranno a fondo per promuovere l’osservanza degli accordi basilari relativi alla salvaguardia e al mantenimento della stabilità strategica.
Le Parti contraenti promuoveranno attivamente il processo di disarmo nucleare e la riduzione di armi chimiche, promuoveranno e rafforzeranno i regimi di proibizione delle armi biologiche e intraprenderanno misure per prevenire la proliferazione di armi di distruzione di massa, insieme ai mezzi di trasporto e di utilizzo e alle tecnologie ad esse correlate.
[2] Ibid.
[3] Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives (NYC, New York: HarperCollins Publishers, 1997), p.198. Edizione italiana: La grande scacchiera: la supremazia americana e i suoi imperativi geo-strategici (Milano, Longanesi, 1998).
[4] Ibid., pp. 115-116, 170, 205-206.
Nota: Brzezinski si riferisce a una coalizione sino-russo-iraniana anche come una "controalleanza" ( p.116).
[5] Zbigniew Brzezinski, Out of Control: Global Turmoil on the Eve of the 21st Century (NYC, New York: Charles Scribner’s Sons Macmillan Publishing Company, 1993), p.198. Edizione italiana Il mondo fuori controllo (Milano, Longanesi, 1993).
[6] Ibid.
[7] Ibid.
[8] Brzezinski, The Grand Chessboard, Op. cit., p.198.
[9] M. K. Bhadrakumar, "The lessons from Ferghana ", Asia Times, 18 maggio 2005.
http://www.atimes.com/atimes/Central_Asia/GE18Ag01.html
[10] Nick Paton Walsh, "Uzbekistan kicks US out of military base", The Guardian (UK), 1° agosto 2005.
http://www.guardian.co.uk/usa/story/0,12271,1540185,00.html
[11] Vladimir Radyuhin, "Uzbekistan rejoins defence pact", The Hindu, 26 giugno 2006.
http://www.thehindu.com/2006/06/26/stories/2006062604491400.htm
[12] Brzezinski, The Grand Chessboard, Op. cit., p.116.
[13] Glenn Kessler, "In 2003, U.S. Spurned Iran’s Offer of Dialogue", The Washington Post, 18 giugno, 2006, p.A16.
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/06/17/AR2006061700727.html
[14] James A. Baker III et al., The Iraq Study Group Report: The Way Forward — A New Approach Authorized ed. (NYC, New York: Random House Inc., 2006), p.51.
[15] Ibid., pp.51, 54-57.
[16] Ibid., pp.50-53, 58.
[17] Ibid., p.114.
[18] Brzezinski, The Grand Chessboard, Op. cit., p.204.
[19] "Iran, Turkey sign energy cooperation deal, agree to develop Iran’s gas fields", Associated Press, 14 luglio 2007.
http://www.iht.com/articles/ap/2007/07/14/business/ME-FIN-Iran-Turkey-Energy-deal.php
[20] "Tehran to host summit of Caspian nations Oct.18", Russian Information Agency (RIA Novosti), 22 agosto 2007.
http://en.rian.ru/world/20070822/73387774.html
[21] "Azerbaijan, Iran reinforce energy deals", United Press International (UPI), 22 agosto 2007.
[22] Mahdi Darius Nazemroaya, The March to War: Détente in the Middle East or "Calm before the Storm?", Centre for Research on Globalization (CRG), 10 luglio 2007.
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va& aid=6281
[23] Ibid.
Vale la pena di osservare che l’Iran ha preso parte a contratti per la costruzione di condotti con la Turchia e a negoziati tra Siria, Libano, Turchia e Repubblica dell’Azerbaijan per la creazione di un corridoio energetico nel Mediterraneo orientale. Questi negoziati si svolgevano mentre sia la Siria che l’Iran avviavano colloqui con gli Stati Uniti dopo il rapporto della Commissione Baker-Hamilton.
[24] "Syria and Iraq to reopen oil pipeline link", Agence France-Presse (AFP), 22 agosto 2007.
[25] Ibid.
[26] Roger Hardy, "Why the US is unhappy with Maliki", British Broadcasting Corporation (BBC), 22 agosto 2007.
http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/6958440.stm
[27] Hassan Nafaa, "About-face on Iran coming?", Al-Ahram ( Egypt), n. 859, 23-29 agosto 2007.
http://weekly.ahram.org.eg/2007/859/op22.htm
Originale: http://www.globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=6688
Tradotto dall’inglese da Manuela Vittorelli, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l’integrità e di menzionarne l’autore e la fonte.
posted by mirumir at 9:05 AM
TRADUZIONE:
http://mirumir.altervista.org/2007/10/lalleanza-sino-russa-di-mahdi-darius.html